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Il rinnovo del 1955 ed il dazio su carne e vino

Se il prossimo rinnovo dei costumi richiederà una considerevole cifra vicina ai 6-7 milioni di eurini che potrà essere ridotta, se non azzerata, dalla pubblicità digitale sui parapetti dei palchi, anche nel passato la componente economica faceva rizzare i capelli.

Ad appena un anno dalla ripresa paliesca, cioè nel 1946, l'argomento del rinnovo dei costumi del 1928 preoccupava Palazzo, sulle cui spalle ricadevano naturalmente anche i costumi delle 17.

Nel 1946 non si era ancora pensato all'intervento del Monte, sempre di Siena, per cui le ipotesi di finanziamento, sotto l'etichetta del "volontariato", si rincorrevano e lasciano traccia storica per il lavoro, le idee che richiedevano attenzione e non solo.

A chi dirigeva in Palazzo le "cose di Palio" venne nel 1946 una brillante idea: la tassa sulla carne e sul vino. Una lira veniva richiesto come contributo ogni chilo di carne e ogni litro di vino. A quei tempi esisteva sempre il dazio da pagare su tutto, ma esisteva anche un decreto legge (n. 62 dell'8 marzo 1945) che proibiva ad ogni Comune di imporre tributi non imposti dalla legge.

Ecco perché si parlava di "contributo volontario", l'aggiramento alla legge era cosa fatta.

L'idea venne però immediatamente abbandonata, poiché nel frattempo nascevano le lotterie nazionali; Venezia abbinò la sua regata ad una lotteria nazionale.

«Se anche la corsa del Palio potesse essere collegata con una lotteria nazionale, penso che in pochi anni potrebbero essere raccolti i fondi necessari per fronteggiare la spesa per la rinnovazione dei costumi» scriveva il Segretario Generale Baggiani.

Per il 1955 arrivò il Monte, sempre di Siena; per il 2028 la pubblicità digitale sui parapetti dei palchi?

17 ottobre 2024