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Quel buffo detto dei capitanini: "Ci s'è sempre creduto"

Ci sono due frasi, pronunciate dai capitanini, che ormai fanno parte integrale dei contorni chiacchiericci del mondo delle Contrade in odore di Palio.

La prima frase è quella che riguarda l'avvenuta elezione a capitanino con percentuali di consessi irrisorie, in virtù del fatto che le spaccature interne, frutto di gelosie, invidie e rancori, non consentono vita agevole al nominato capitanino. O si preferisce l'assenza, o la cancellatura; così nascono i capitanini.

Torniamo alla frase con cui si affrontano i microfoni ed i taccuini dei cronisti: "Mi sacrifico per il bene della Contrada". Veramente emozionante dirlo, ascoltare o leggere; quel sacrificio proprio noi non riusciamo a comprenderlo. Angelo Cortecci e Roberto Martinelli non si "sacrificarono" e tolseroil disturbo.

La seconda frase, che fa da corollario alle critiche paliesche, udsata dai capitanini è quella riportata nel titolo: "Ci s'è sempre creduto".

Con una pronuncia del genere il capitanino di turno ringuatta le proprio indiscusse qualità di attendismo, nel senso di attendere qual che arriva, o quel che viene "inoltrato" dal sardo-tedesco-tedesco-sardo.

La banalità del "Ci s'è sempre creduto" si commenta da sola, ma acchettisce nel mondo dei quattrogiornisti: la relazione è salva e si può continuare a farsi intervistare e fotografare,

21 agosto 2022