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Il consorzietto secondo Roberto Martinelli

Consorzio per la Tutela del Palio di Siena: i primi dieci anni di attività (1981- 1991)

Il 25 giugno u.s., negli splendidi giardini della Nobile Contrada del Bruco, si è svolta una tavola rotonda in occasione dei 40 anni del Consorzio Tutela Palio di Siena. Il sottoscritto è stato uno dei partecipanti alla tavola rotonda con il compito di parlare del periodo 1981-1991, cioè i primi dieci anni del Consorzio: incarico conseguente alla circostanza che il sottoscritto, allora giovane Priore della Contrada della Chiocciola, fu uno dei firmatari dell’atto costitutivo del Consorzio stesso che venne sottoscritto il 22 giugno 1981. E’ stata una bella serata. Peraltro il tempo a disposizione dei relatori non ha permesso che venissero svolte tutte le considerazioni del caso: queste mi dicono che troveranno spazio con la pubblicazione degli atti della tavola rotonda. In attesa, ritengo comunque di prospettare ai lettori di Sunto  alcuni aspetti e circostanze , di una qualche curiosità, riguardanti la vita del Consorzio nel periodo di cui mi è stato richiesto di parlare.

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Palio di Siena e regime fascista

Due episodi mostrano come il governo dell’epoca abbia riconosciuto nel Palio di Siena la forza delle tradizioni locali e lo abbia anche tutelato nella sua unicità.

Primo episodio: nel 1931-1932, sotto gli evidenti auspici del regime, esce il film di Alessandro Blasetti dal titolo “Palio”, senza altre indicazioni: “Palio” semplicemente, per antonomasia quello di Siena. Secondo episodio: siamo nel 1935, viene pubblicata su La Nazione dell’11 giugno questa notizia sotto il titolo “Le disposizioni del Duce in difesa della Festa del Palio: <<Da S.E. il Prefetto della Provincia è pervenuta ieri la comunicazione seguente ‘ Al Podestà di Siena. Per opportuna notizia della S.V.Ill.ma si comunica che il Ministero dell’Interno ha disposto perché alle consuetudinarie manifestazioni di Legnano per la Festa del Carroccio, d’Asti per la Festa dei Troni, e di Ferrara per la Festa di San Giorgio, non sia attribuita la denominazione di “Palio” dovendo questa intendersi riservata alle tradizionali manifestazioni che si effettuano in questo Capoluogo>>. Certo una bella tutela, per via politica al massimo livello.

Oggetto sociale del Consorzio

La denominazione ufficiale dell’ente è “Consorzio per la tutela del Palio di Siena, Società Cooperativa a responsabilità limitata”. Lo statuto prevede per il Consorzio ampie facoltà operative; in particolare Il Consorzio ha per oggetto “la protezione dell’immagine, delle insegne, gli stemmi, gli emblemi, le armi e le armature, le bandiere, gonfaloni, costumi, vestiario, gualdrappe e colori e quant’altro fa parte del patrimonio delle Contrade e del Palio di Siena”. E’ peraltro prevista anche la possibilità di organizzare la riproduzione e la commercializzazione di prodotti, con conseguente possibilità di compiere operazioni mobiliari e immobiliari. Poche sono state le modifiche sul punto, soprattutto al fine di chiarire che l’Ente è retto e disciplinato secondo il principio della mutualità senza fini di speculazione privata. In ogni caso lo scopo del Consorzio, nel tempo,  è stato sempre più inteso come “tutela dell’immagine e delle tradizioni del Palio”.

Chi sono i soci del Consorzio

Soci del Consorzio furono e ancora sono le diciassette Contrade.  Va peraltro ricordato che il Magistrato delle Contrade aveva scritto al Comune di Siena auspicando che questo accettasse di far parte “in qualche modo” del costituendo consorzio. Al riguardo la Polizia Municipale esprimeva “un giudizio altamente positivo sull’iniziativa”; la Funzione Legale del Comune dichiarava che “ non sussistono ostacoli giuridici alla partecipazione del Comune alla società”. Ciononostante, la Giunta Comunale, Sindaco Mauro Barni, espresse parere negativo, anticipato per telegramma e confermato da una successiva lettera. Nel telegramma si indicavano come impedimenti alla partecipazione al Consorzio “le finalità istituzionali e la giurisdizione naturale, nonché il ruolo specifico per la realizzazione della Festa”; nella lettera si aggiungeva come ulteriore (invero non ben chiarito) motivo ostativo “ che le finalità della celebrazione non si intreccino con speculazioni di carattere economico…”. Non mancarono strascichi polemici: ad esempio l’Assemblea del Consorzio, alla fine del 1982, decide di non aderire alla proposta avanzata dal Comune al Consorzio stesso di offrire il Masgalano per l’anno 1983: nell’occasione fu osservato (… e messo a verbale…) che “solo ora l’Amministrazione Comunale si ricorda che esiste il Consorzio al fine di chiedere il Masgalano”.

Consorzio e azioni giudiziarie

Il Palio era continuamente  oggetto di imitazioni, scimmiottamenti, ma anche di deformazioni ed erronee presentazioni e comunicazioni. Finché si giunse ad un punto che richiese un ferma e decisa presa di posizione da parte delle istituzioni. Questo punto fu “una cartolina”. In questa “cartolina” veniva raffigurato il tamburino della Chiocciola Brunetto Golini: però la montura di Piazza era stata ritoccata con altri colori e l’avvenimento che la figura richiamava non era indicato come il Palio di Siena bensì “Asti medievale”. A firma di Brunetto Golini, della Contrada della Chiocciola e del Magistrato delle Contrade, difesi dal prof. Marco Comporti, fu presentato un ricorso per un provvedimento di urgenza teso a bloccare la situazione; all’udienza dinanzi al Pretore di Asti intervenne a sostegno il Comune di Siena. Il Pretore ordinava il sequestro delle cartoline e ne vietava ulteriormente il commercio. La controversia fu poi chiusa con una conciliazione con la quale le parti riconoscevano i giusti diritti di Siena.

Altro episodio: la sentenza del novembre 1992 con la quale il Tribunale di Milano accoglieva la domanda avanzata contro la rivista “L’Uomo Vogue” (ed altri) dal Comune di Siena, dal Consorzio, dalla Contrada della Chiocciola e dall’alfiere chiocciolino Pianigiani Franco e, per l’effetto, dichiarava “un certo annuncio pubblicitario lesivo dei diritti della Contrada e del Consorzio”, vietandone la riproduzione e l’uso ulteriore. Una particolarità di questa sentenza fu di riconoscere la legittimazione attiva (cioè la legittimazione ad iniziare e mandare avanti la causa) del Pianigiani, della Contrada della Chiocciola  e del Consorzio, ma di non riconoscerla al Comune di Siena cui il giudice, erroneamente, riconosceva “solo funzioni organizzative e/o di polizia senza alcuna titolarità in ordine all’evento Palio”. La legittimazione del Comune di Siena (oltre a quella di tutte le parti attive) era stata invece espressamente riconosciuta dal Pretore di Asti.

Consorzio e rapporti nell’ambito cittadino

Sin dall’inizio i rapporti con le realtà cittadine furono tutt’altro che facili. Nei documenti del Consorzio troviamo, ripetuti nel tempo, accenni addirittura “alla scarsa sensibilità, quando non un vero e proprio scetticismo da parte delle Contrade verso il Consorzio”: e problemi di rapporti sorsero anche tra Consorzio e Magistrato delle Contrade. Ma la maggiore difficoltà per il Consorzio fu quella di legittimarsi nei confronti delle ditte e degli artigiani senesi. Illuminanti al riguardo sono alcuni passi di una relazione datata 1988 a firma dell’allora  Presidente del Consorzio Germano Trapassi”… Non esiste alcun limite alla produzione e alla commercializzazione di oggetti di ogni tipo ispirati o caratterizzati dai simboli delle Contrade e del Palio. Ciò deriva spesso dal particolare modo , tutto nostro, di concepire le cose senesi. Le sentiamo come cose che ci appartengono e delle quali siamo orgogliosi e gelosi, ma per contro ne possiamo disporre liberamente. La condizione di contradaiolo, poi, ci attribuisce tutti i diritti di utilizzazione e nessun dovere circa il rispetto e la rigorosa tutela. Noi non vogliamo limitare le attività produttive locali, né vogliamo privare i contradaioli della possibilità di acquistare degli oggetti con i simboli della propria contrada. La nostra intenzione è di mettere un pò di ordine in tutta questa produzione, talvolta anche di cattivo gusto e deformante della realtà”.

Consorzio e televisione

I rapporti con quello che, al momento della costituzione del Consorzio, era il mezzo di comunicazione per eccellenza: la televisione, si posero subito all’attenzione del neo costituito organismo. Anche le Tv locali entrarono nell’ottica del Consorzio sotto il duplice profilo della “qualità” del prodotto offerto e dello “sfruttamento commerciale” del Palio.

Il dibattito che ebbe a sorgere ben presto fu sul ritorno economico per il Consorzio, ma soprattutto sulla opportunità/utilità/convenienza o meno di continuare a trasmettere il Palio attraverso l’emittente nazionale. Un dibattito che ebbe una sua eco specifica in occasione del convegno che, nel maggio 1992, fu organizzato per ricordare i primi 10 anni del Consorzio. Il prof. Sergio Micheli presentò una relazione dal titolo significativo “Palio e Tv: un matrimonio difficile”. Scrive Micheli, tra l’altro, che con la televisione in diretta ogni fatto imprevisto (es. l’infortunio ad un cavallo) assume valenza di scoop giornalistico; e al tempo stesso dà luogo ad effetti fuorvianti e ad interpretazioni poco ortodosse sulla vera natura e sulla reale filosofia del Palio. Micheli altresì si domandava se sarebbe mai  stato possibile far pagare la Tv quando punta gli obiettivi su Piazza del Campo. Quella di Micheli non era ovviamente l’unica opinione, né direi quella dominante; validi motivi erano prospettati da chi si dichiarava invece favorevole alle riprese televisive, sul presupposto di non potersi difendere chiudendosi in casa e cercando di tenere fuori il mondo. E’ un fatto che le riprese televisive sono continuate sino ai giorni nostri.

E’ doveroso poi dire che in realtà il Consorzio si era già mosso. Per favorire un’immagine corretta della Festa, a partire dal  1984 il Consorzio aveva concordato con l’emittente nazionale di fornire assistenza e consulenza per le riprese televisive: per il 1984 gli esperti del Consorzio furono il prof. Falassi e il sig. Giannini. Poi, nel 1994, grazie ad un accordo con il Comune di Siena, interviene la diretta Tv gestita in proprio dal Consorzio a tutto vantaggio della qualità delle riprese.

Per quanto riguarda il lato economico mi limito qui a ricordare che nel 1984 per il Palio di Luglio la Rai pagò un corrispettivo di 5.000.000 di lire, mentre nel 1986 (tre pali) il contributo Rai fu di lire 18.000.000; e poco più di 50 milioni di lire nel 1993. Dal 1994, grazie alla possibilità di sfruttare le immagini, il ricavo dalla cessione delle riprese televisive aumenta progressivamente; anche le Tv locali contribuiscono per il  loro utilizzo delle riprese, in particolare Canale 3 Toscana.

Il dibattito sulla Tv non può peraltro dirsi concluso. Continua anche ai giorni nostri seppure in un quadro del tutto mutato per l’esistenza di mezzi di ripresa e di comunicazione che sfuggono ad ogni possibilità di controllo.

 Roberto Martinelli

 3 luglio 2021